Vedi Gesù nel Povero
Fin da quando sentì l’arcana voce che lo chiamava all’apostolato, il P. Giacomo si stabili un programma di vita e lo seguì, con religiosa fedeltà, fino all’ultimo ed estremo anelito. Questo programma, compendiato nella frase semplice e scultorea “Viver di Dio per i Poveri; viver di Dio per le anime”, manifesta l’ardente carità da cui il suo cuore era talmente sospinto, da formare l’ideale di tutta la sua vita, e dare orientamento a ogni suo operare.
Nel povero, infatti, egli vide sempre Dio, e considerò sempre la povertà quasi un sacramento.
Per lui, il Povero era quasi uno specchio, nel quale, guardando con il lume della fede, vedeva Cristo sofferente, abbandonato e disprezzato. La sua fede in Gesù Cristo, personificato negl’ indigenti, infervoravalo al punto che accoglieva i Poverelli, scoprendosi il capo e allargando le braccia, con tale slancio di pietà, che pareva dicesse a ciascuno: “Venga, venga, Signor mio!” e li accompagnava con religiosa venerazione, come se avesse voluto dichiararsi indegno della loro ospitalità.
I Poveri, abbandonati dalle famiglie, rifiutati dai ricoveri, respinti dalla società, trovavano in lui il padre, pronto ad accoglierli amorosamente, esclamando con infinita tenerezza: “Non sono di nessuno?… sono dunque nostri!”.
Nei brani qui raccolti, troverai diffuso, come insegnamento di vita, lo spirito di fede e di carità, che animava il Servo di Dio. Se li mediterai devotamente, il tuo cuore si dilaterà di compassione e d’amore verso i Poveri, immagine vivente di Gesù, e qualunque sacrificio compirai per essi, ti parrà lieve e insignificante.
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Se il Signore prende come fatto a sé quel che si fa al Povero: “mihi fecistis!” bisogna che nel Povero ravvisiamo Gesù. Per quanto deforme e ributtante si presenti un infelice, è mestieri chiudere gli occhi della carne, per guardarlo con quelli della fede; e la fede ce lo fa apparire bello, di una bellezza tutta divina, come il più amabile tra i figli degli uomini, perché in lui è Gesù Cristo.
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Se non volete seguirmi, se dite che, per amar Dio, non è necessario recarsi dai Poveri, nella casa della carità, ascoltate quel che vi risponde in mia vece lo Spirito Santo: “Come si può amare Dio che non si vede, se non si amano i propri fratelli, che si vedono languire nella povertà?”.
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Desiderate aver dei tesori? volete acquistare il tesoro vero? … Venite con me; vi farò ricchi! Vi condurrò dal levita Stefano, da Francesco d’Assisi, da Vincenzo de’ Paoli, da Giovanni di Dio. Essi vi additeranno il ricco tesoro, nella persona dei Poverelli: poiché i Poverelli sono il tesoro di Gesù Cristo. Udite infatti la Sua voce, che ci dice: “Siavi raccomandato il mio tesoro”.
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Ravviviamo la nostra fede verso Gesù, povero e dolorante, che riguarda fatto a sé ciò che facciamo ai Poverelli. Rinfuochiamo la nostra carità. Gesù lo vuole! Infatti dice: “Son venuto a portare il fuoco della carità, e altro non voglio se non che si accenda in tutti i cuori! … Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi!”.
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Noi siamo cristiani; dobbiamo quindi praticare le virtù cristiane, la maggiore delle quali è la carità. Viviamo sotto la legge di Gesù Cristo, che è legge di amore, perciò dobbiamo amare Dio, amando anche i Poveri, specialmente quelli che, per il misero stato in cui sono ridotti, ci ricordano Gesù, il quale aveva perduto l’aspetto di uomo ed era divenuto come un verme calpestato.
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Se tu dovessi prestare qualche umile servizio a dei poveri vecchi infermi, e sentissi in te nausea e ripugnanza, animato di viva fede, elevati a considerare la persona adorabile di Gesù, divenuta irriconoscibile; contempla Gesù che, per la salvezza delle anime, si spogliò del Suo splendore divino, sacrificò la Sua bellezza umana, si caricò delle nostre infermità, visse una vita di dolori e di patimenti tali, che lo ridussero stranamente deforme e disprezzato, come l’infimo degli uomini e come un verme calpestato.
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L’anima chiamata all’apostolato, consapevole della missione che compie, contempla Gesù carico delle nostre infermità e delle nostre miserie, considera le Sue umiliazioni e i Suoi patimenti, e fa che non sia indarno tanto patire, e non resti inutile il sangue redentore; si slancia verso i Poverelli, i quali, per quanto miseri e sfigurati, hanno un’anima redenta per il cielo.
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Poiché nelle membra inferme dobbiamo vedere le membra flagellate e piagate di Gesù, dobbiamo trattare i poveri malati con fede e riverenza, come il sacerdote tratta il Corpo Eucaristico di Gesù.
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Non rimarcate differenza tra il Povero sofferente e Gesù in sacramento. Unico amore, unica premura, unica osservanza è sempre Gesù! Sia che corriate alla Comunione, sia che accorriate al letto dell’ammalato o a sfamare l’affamato, a vestire l’ignudo, a dissetare l’assetato, a insegnar all’ignorante, ad ammonire il peccatore, a consolare l’afflitto, a seppellire il morto, è sempre Gesù! Non diminuite il vostro affetto, non scemate le vostre premure, non menomate il vostro spirito. Egli vi sta accanto, languisce per vostro amore, e questo vuol darvi, quando per tutte queste vie vi chiama a sé, vi avvicina e vi stringe al Suo Cuore.
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Baciamo le piaghe di Gesù nelle piaghe dei Poverelli! … Nelle piaghe degl’infermi dobbiamo venerare le dolorose piaghe di Gesù Redentore, carico delle nostre iniquità; e dobbiamo considerare che, nel corpo piagato e nelle carni purulente dei Poveri, vi è un’anima immortale, redenta dal sangue preziosissimo del Figlio di Dio.
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Gesù Cristo, per la nostra comune salvezza, nulla trascurò, sino a morire per tutti; e questa Sua carità non ci permette di trascurar cosa alcuna che possa servire alla santificazione dei Poveri, che sono nostri fratelli. Egli, a ognuno di noi, dice: “Seguimi!” Non dobbiamo noi prestargli ascolto? Ognun di noi ha il dovere di rispondergli: “Sì! O divino Maestro, ti seguirò ovunque, nelle vie ove passi beneficando e curando tutti i languori e le infermità. Falsamente mi chiamerei cristiano, se non seguissi Te, Gesù, Salvatore delle anime, Padre dei Poveri!”
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Nella persona dei Poveri e degli ammalati, siano pure i più nauseanti, dobbiamo vedere la persona di Gesù Cristo e servirla con fede, vincendo ogni ripugnanza. Se in quelle condizioni assai misere ci trovassimo noi, ci piacerebbe essere schifati? E se vi si trovassero nostro padre o un caro fratello nostro, nostra madre o una cara sorella, noi ci lasceremmo vincere dalla ripugnanza? e ci reggerebbe l’anima a lasciar languire e perire i nostri cari in quelle misere condizioni, per timore d’imbrattarci le mani? … Se cadesse in una pozza sudicia un nostro gioiello d’oro massiccio, ingemmato di brillanti, noi, per non incomodarci a pulirlo, ci rassegneremmo a perderlo o a non usarlo più? E se vedessimo una sacra immagine fra le immondezze, non ci faremmo un dovere di toglierla da quelle sozzure e ripulirla? Il Poverello, chiunque egli sia, per quanto lurido e sozzo, divenuto tutto una piaga, ridotto un cumulo di miserie, è sempre l’immagine di Gesù, carico dei peccati nostri, divenuto come un lebbroso, vilipeso, flagellato, crocifisso per noi, e che da noi vuol esser servito nella persona dei Poverelli, e riguarda fatto o negato a sé ciò che facciamo o neghiamo al Povero. Quando si è animati di viva fede, l’amore che infiamma il cuore, lo zelo che infervora l’anima, fa parere leggieri e soavi i sacrifici più ripugnanti.
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Ama Gesù! Servilo con amore nei Suoi Poverelli, e così sarai più sicuro d’aver trattato con Lui, d’averlo toccato e di averlo servito, meglio che si fosse presentato a te in visione. Abbi questa santa smania, e fa che il Signore renda in te sempre più grande questo amore, e sempre più forte questo desiderio.
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Accogli il Povero con gran festa, come una visita del caro Gesù, mostrando, anche esternamente, la gioia del tuo cuore, per la sorte di riceverlo nella tua casa.
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Io non trovo parole per esprimere l’ineffabile gioia che inonda il cuore e lo spirito, quando si può avere in casa nostra Gesù, povero, soffrente, desideroso delle premure del nostro amore; e averlo non in visione o in estatica contemplazione, ma in fede: cioè in virtù di quella parola per la quale ci accerta che è Egli stesso che riceve il nostro aiuto, il nostro sollievo, le nostre amorose premure, quando le usiamo verso il più piccolo, il più misero dei nostri fratelli.
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Gesù, quando viene nella S. Comunione, dice all’anima tua: “Son qui, eccomi a te!” Ripeti anche tu le medesime parole a Lui, che si presenta come un Povero, negletto e sconfortato. Il Suo Cuore sacratissimo sarà assai consolato quando, con sentimenti di fede e di amore, tu dirai a Lui, nel Povero: “Son qui; eccomi a Te, o Gesù!”
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Ringrazia Gesù, quando ti accorda l’onore di fare ciò che Egli faceva, nei giorni della Sua vita mortale, e ti concede la grazia di visitarlo e servirlo nella Persona di Poveri.
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Prega Gesù di voler mettere nel tuo cuore gli affetti che animavano il Suo, affinché, superando con la divina grazia la ripugnanza della natura, possa lenire ogni dolore ed elevare le anime a Dio.
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Alla preghiera unisci la tua cooperazione, coltivando lo zelo necessario al bene delle povere anime dimenticate. E i Poveri, dopo essere stati tuoi amici qui in terra, saranno i tuoi avvocati davanti al divin tribunale.
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(Fonte: https://www.servideipoveri.org/boccone-spirituale-ottobre)
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