Oratorio di San Marco

 

Un piccolo monumento nel cuore del quartiere Capo, poco conosciuto dai palermitani ma con un passato degno di nota.

Seminascosto nella omonima piazzetta San Marco, dell’antico Quartiere Seralcadio (l’attuale mandamento Monte di Pietà), l’Oratorio di San Marco è un piccolo monumento degno di nota, ma poco conosciuto dai palermitani. La storia dell’edificio religioso e della confraternita che ne fu l’artefice è strettamente legata all’omonima chiesa che si trova al suo fianco, le cui origini sono molto lontane. Infatti, un documento del 1144, conservato nell’archivio della Cattedrale, ci informa che il re normanno Ruggero II concedette ai cittadini veneziani “veneti cives“, Leonzio Marino, Marco Canali, Marco Gabussida, Roberto Venerio, Rodolfo Bembo e Bartolomeo Caterino, la licenza di riedificare “un’antica e diruta chiesa greca”, posta nel quartiere Seralcadi di Palermo con la facoltà di poterla intitolare al Santo patrono della loro città d’origine: l’Evangelista San Marco.

Le opere di ricostruzione furono concluse in pochi anni, e la nuova chiesa di San Marco, che fu la prima chiesa di una comunità mercantile straniera a Palermo, divenne punto di riferimento della ricca e facoltosa “Natione venetorum” di Palermo che teneva grandi interessi commerciali e territoriali nel mediterraneo e in modo particolare in Sicilia. La chiesa, negli anni fu arricchita da corposi lasciti testamentari e da ricche donazioni da parte di famiglie veneziane che avevano scelto di stabilirsi in città.

La Storia

La confraternita di San Marco fu fondata nel 1382 da “alcuni divoti uomini” che contestualmente chiesero al “Terminatore della Cattedrale”, nonché Beneficiale di essa, Federico D’Alfano, la concessione dell’antica chiesa di San Marco appartenuta alla comunità veneziana posta nel quartiere del Seralcadio, richiesta che fu prontamente accettata dall’autorità ecclesiastica. Nella seconda metà del cinquecento la vecchia chiesa fu, per volontà dei confratelli, interessata da una significativa opera di rinnovamento e riconfigurazione della fabbrica per portarla “in più magnifica forma“. Si diede inizio ad una serie di interventi che apportarono profonde modifiche all’immobile che, fino ad allora, doveva aver mantenuto parte delle forme medievali. Incaricato dei lavori fu il “maremmano” palermitano Bernardino Scotto.

La confraternita di San Marco mantenne il possesso di questa chiesa fino al 1620, quando, stabilitisi in città i Chierici Regolari Minori provenienti dalla Basilicata al seguito di Padre Paolo Masi da Craco, fecero istanza all’Arcivescovo di Palermo Cardinale Giannettino Doria ed al Senato cittadino per la concessione dell’edificio religioso. L’istanza fu accolta, ma in cambio della cessione della chiesa, i Chierici Regolari Minori, si impegnarono con la confraternita, tra le altre cose a costruire, ex novo e secondo un preciso modello, un oratorio (organismo architettonico più adeguato alle loro esigenze) contiguo alla chiesa, entro quattro anni.

I lavori per la costruzione dell’oratorio furono portati avanti celermente e, anche se non filò tutto liscio, i Padri riuscirono a portare a compimento la fabbrica nei tempi previsti e a rispettare l’impegno preso con il sodalizio.

Fino ai primi anni dell’ottocento l’antica confraternita di San Marco, che nel frattempo era stata “promossa” al rango di “Compagnia” (i confratelli di San Marco nel 1646 risultano già rifluiti nella Compagnia omonima), godeva di grande prestigio, era ancora particolarmente attiva e continuava nel possesso dell’oratorio che utilizzava per gli usi spirituali dei confratelli.

Il marchese di Villabianca nel suo “Palermo d’Oggigiorno” definisce la Compagnia di San Marco “composta da Gentiluomini e Professori”. La storia più recente del complesso religioso ci porta alla seconda metà dell’ottocento quando, la chiesa e l’oratorio di San Marco, rischiarono concretamente di essere demoliti.

Il complesso religioso è arrivato ai nostri giorni grazie al coraggio e alla caparbietà del Beato palermitano padre Giacomo Cusmano che nel 1873 lo aveva ricevuto in affidamento dall’Arcivescovo Michelangelo Celesia per ospitarvi la “Casa del povero“. Padre Giacomo Cusmano, senza non poche difficoltà, riuscì ad evitare la demolizione della chiesa e dell’oratorio dimostrando alle istituzioni, che avevano altri progetti per l’area, l’importanza del valore storico e artistico dei due monumenti. Ancora oggi l’intero complesso religioso è gestito dalla Congregazione Femminile del Boccone del Povero che continua, nonostante difficoltà di ogni genere, l’opera caritatevole del Beato Giacomo Cusmano.

L’Oratorio

L’Oratorio di San Marco prospetta alla sinistra della chiesa e si caratterizza per “l’esuberante” portale in pietra arenaria finemente scolpita (l’elemento decorativo più significativo del sacro edificio) attribuibile senza dubbio alla costruzione originaria. Esso presenta elementi ornamentali a motivi foliari che richiamano alla memoria le decorazioni di altri portali più antichi presenti in città; frutto, verosimilmente, dell’esperienza di maestri lapicidi locali di formazione tardo-rinascimentale la cui opera si è estesa fino ai primi decenni del seicento. Il timpano, con due volute ai lati, presenta al centro uno scudo in pietra con l’insegna della confraternita, purtroppo ormai rovinato e quasi indecifrabile.

A coronamento della piccola facciata, occupata quasi esclusivamente dal portale, si innalza un elemento murario di forma mistilinea decorato con motivi fitomorfi di fattura tardobarocca (probabilmente ascrivibile alla seconda metà del settecento) che sormonta le due finestre sopra il timpano del portale che assieme alle finestre laterali dell’aula danno luce all’edificio.

L’interno dell’edificio religioso presenta lo schema planimetrico degli oratori del periodo: l’impianto è quello canonico e alquanto ripetitivo degli oratori palermitani con antioratorio e aula e presbiterio rettangolari.

L’ingresso, anche se si conserva ancora un accesso interno dalla chiesa, si apre sul vestibolo che un tempo accoglieva un altare secondario abbellito, nel 1718, con piastrelle maiolicate e mattoni di Valenza dal maestro “Faber murarius” Giuseppe Settignana, di cui oggi non rimangono che alcune tracce. Dall’antioratorio o vestibolo, attraverso le due usuali porticine laterali, si accede nell’aula che purtroppo conserva soltanto pochi elementi della sua configurazione originaria, e quel po’ che rimane si trova in precarie condizioni.

Gli elementi più qualificanti e, che meglio si sono conservati, sono le ventiquattro mensole degli stalli lignei, dove i confratelli si sedevano nelle loro adunanze o per assistere alle funzioni religiose, che corrono lungo le pareti longitudinali. Esse riportano scolpiti sul fronte un leone rampante, simbolo distintivo che ricorreva nei lavori eseguiti dalla nota “bottega” dei Calandra (famosa famiglia di falegnami e intagliatori palermitani), e i nomi dei Gestori della compagnia committenti dell’opera. Per il resto non vi è più traccia degli originali arredi che comprendevano, tra l’altro, un “boffettone grande novo” (Mongitore) di legname intagliato, verosimilmente utilizzato come tavolo dei Superiori: manufatto di grande qualità realizzato nel 1718, assieme ad altri manufatti lignei, dal maestro Gaetano Calandra.
L’aula oratoriale, di forma rettangolare, mostra un sistema decorativo molto semplice composto esclusivamente da leggerissime cornici settecentesche in stucco che contornano le finestre laterali e i quattro portali: i due del vestibolo e gli altri due che danno l’accesso ai locali di servizio. Gli apparati decorativi parietali dell’aula furono “accomodati” nel 1719 dallo stuccatore di liscio Antonino Romano, un professionista appartenente alla schiera di collaboratori di 
Giacomo Serpotta, che si obbligò con i gestori della confraternita per il ripristino di tutte le opere in stucco che risultavano deteriorate.

Degni di nota sono i sopraporta lignei dei portali dove sono rappresentate le effigi dei Quattro Santi Evangelisti: sulla parete di controfacciata troviamo a destra San Matteo e a sinistra San Luca, mentre ai lati del presbiterio a destra si trova il santo titolare dell’oratorio San Marco, e a sinistra San Giovanni.

Sulla parete sinistra si trova affisso il “Ruolo” dei Superiori della Compagnia dal 1796 al 1835.
Di rigorosa semplicità e senza eccessi decorativi anche la zona presbiteriale, che presenta una volta a botte e un piccolo altare dipinto sormontato da un’edicola baroccheggiante con putti serpottiani in cui oggi è collocata una tela recente che raffigura il “Beato Giacomo Cusmano”.

Oggi l’oratorio si trova in uno stato di conservazione non proprio ottimale e necessiterebbe di alcuni interventi di restauro. L’ingresso è quasi sempre sbarrato e, come tanti altri monumenti della città, è vittima della disattenzione delle istituzioni locali nei confronti delle nostre ricchezze storiche e culturali.

(Fonte: Nicola Stanzione, palermoviva.it)

 

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